L’accesso ai video di sorveglianza deve essere limitato a coloro che hanno un ruolo specifico nella gestione dei dati e la cui funzione è direttamente collegata allo scopo per cui le telecamere sono state installate. In pratica si tratta dell’amministratore. Solo questi può visionare le immagini e, in caso di illeciti, fornirle all’eventuale interessato che deve tuttavia essere necessariamente uno dei condomini. Ad esempio, in caso di un’aggressione fisica, di stalking condominiale, di trafugamento della posta, la vittima può chiedere all’amministratore di visionare le immagini della videosorveglianza e consegnargli i file per far valere i propri diritti. Di conseguenza, in ambito condominiale, non è ammissibile concedere l’accesso all’applicazione mobile a ogni condòmino che ne faccia richiesta, né l’amministratore può visualizzare le immagini se non strettamente necessario per gli obiettivi prefissati. Analogamente, non è consentito al portiere visualizzare le immagini in diretta o registrate. Quindi, solo alcune persone specifiche possono vedere i video registrati dalle telecamere nel condominio. Queste persone sono scelte in base a regole precise e possono essere, ad esempio, chi gestisce il condominio, l’azienda che si occupa della manutenzione o anche uno degli abitanti, a condizione che vi sia un legittimo interesse e quindi la necessità di far valere un proprio diritto in sede giudiziaria. La visione per mera curiosità non è quindi contemplata tra le ipotesi di accesso alla videosorveglianza. Chi accede ai filmati deve dimostrare di poter gestire queste informazioni in modo sicuro, evitando che i video vengano persi, cancellati o usati in modo sbagliato, e devono essere ufficialmente incaricati di questo compito. Il principio di minimizzazione, indicato nell’articolo 5 del GDPR, suggerisce che l’uso dei dati (in questo caso, i filmati) deve essere limitato al minimo indispensabile per raggiungere l’obiettivo prefissato dall’assemblea condominiale.