è chiaro che, anche se in alcuni casi questo comportamento può essere considerato diffamazione con l’aggravante dell’uso di mezzi pubblicitari, gli oneri probatori che gravano sull’accusa, le questioni relative alla protezione della privacy online e la difficoltà nell’identificare l’autore fisico del reato rendono questa via non sempre agevole da percorrere.
Il giudice, richiamato dai gestori del ristorante per chiedere la rimozione di una recensione particolarmente negativa e inaccurata, ha emesso un’ordinanza ordinando la rimozione immediata di una recensione che presentava “un tono oggettivamente scorretto”.
Il responsabile dell’impresa è stato condannato dal Tribunale di Lecce a nove mesi di carcere e al pagamento di ottomila euro per coprire le spese legali e i danni subiti, in una sentenza di primo grado.
In questo processo penale, TripAdvisor ha avuto un ruolo attivo nel fornire le prove degli episodi incriminati, presentandosi come parte lesa.
Questo sviluppo nel diritto segna l’inizio di un’evoluzione giuridica che, nonostante sia ancora alle prime fasi e conti poche decisioni, offre speranza a coloro che cercano di difendere i propri diritti contro i danni inflitti da “clienti fantasma” particolarmente dannosi.