Il gonfiore addominale è un sintomo rilevabile in diverse intolleranze verso alimenti che, dopo essere stati ingeriti, fermentano per mezzo della flora batterica.
In caso di intolleranza, le feci tendono ad essere liquide, o avere una consistenza pressocché acquosa.
Affinché il corpo risulti completamente privo dell’alimento che ha determinato l’intolleranza, devono trascorrere necessariamente tra i 6 e i 9 mesi al massimo.
Un accorgimento utile può essere il mantenimento di una buona soglia di idratazione, che prevede l’assunzione quotidiana di circa 2 litri d’acqua.
Anche l’evitare cibi fritti e cibi pesanti, come ad esempio gli insaccati, facilita la disintossicazione.
L’uso del diario alimentare, quindi, è la scelta più utile da adottare.
È bene poi che il soggetto eviti situazioni di stress, e combatta la sedentarietà fin da bambino.
Si può iniziare svolgendo una diagnosi per esclusione, che è di tipo empirico e che consiste nell’eliminare dalla dieta, per 2 o 3 settimane, l’alimento sospetto.
Per poi reintrodurlo nello stesso intervallo di tempo.
Se i sintomi spariscono durante le prime 3 settimane, e si manifestano nuovamente nelle altre 3 settimane, si è di fronte ad una reazione avversa.
Le intolleranze alimentari possono essere definite come reazioni avverse al cibo o ad un qualsiasi componente rilevabile in un dato cibo.
Le cause delle intolleranze alimentari sono da ricercarsi nella mancanza di specifici enzimi digestivi.
Nel caso dell’intolleranza al lattosio, ad esempio, che interessa circa il 50% della popolazione italiana, ad essere insufficiente è l’enzima lattasi.
Il lattosio è una sostanza contenuta nel latte, ed è composta da galattosio e glucosio, che sono due zuccheri.
I sintomi delle intolleranze alimentari possono manifestarsi su tre piani: gastrointestinale attraverso dolori addominali, nausea, flatulenza, diarrea o stipsi, colite, afte, ritenzione idrica respiratorio.
Lo strumento per annotare queste informazioni è il diario alimentare.
Seguono dei test diagnostici, come il test dei 108 alimenti, per capire l’eventuale coinvolgimento del sistema immunitario.
In caso di risultato affermativo, si è di fronte ad una allergia.
Ci sono poi degli esami specifici, come il breath test, per indagare una eventuale intolleranza al lattosio.
L’unico strumento attualmente valido e risolutivo è dato dall’evitare tutti gli alimenti che determinano l’intolleranza stessa.
È stato riscontrato, poi, come un neonato che sia stato allattato esclusivamente con il latte materno abbia sviluppato una prima protezione da eventuali allergie o intolleranze.
Tra gli altri sintomi sono poi da ricordare anche l’insonnia, il mal di testa e alcune forme lievi di ansia o di depressione.
Alimenti quali il latte, inclusi i suoi derivati, gli alimenti che contengono lievito, gli alimenti con zuccheri o con sostituti degli zuccheri, gli alimenti con glutine.
Vanno quindi ricordate anche le intolleranze a saccarosio e fruttosio.
È sempre opportuno, qualora si soffre di una intolleranza o una allergia alimentare, leggere le informazioni contenute sulle confezioni dei cibi industriali.
La celiachia è, più precisamente, una forma di patologia autoimmune, poiché il sistema immunitario oppone una reazione anomala alle proteine del glutine.
Sostanza che si trova in pane, pasta, cereali, biscotti.
Si può indicare anche l’intolleranza al nichel, metallo presente in diverse categorie alimentari come i pesci, le verdure, i cereali oltre agli anacardi, il cioccolato e il cacao.
In questo caso possono svilupparsi ricorrenti infezioni alle vie respiratorie, o raffreddori dermatologico, con dermatiti, orticaria o acne.
L’intolleranza al lattosio è la più diffusa.
Ci sono poi l’intolleranza al grano e l’intolleranza al glutine, o celiachia.